V.T.A.B. Contesti di un caso fortunato è il titolo della Tesi di Laurea magistrale di Nicola Noro discussa all’Università Iuav di Venezia nel marzo 2017.
La tesi – maturata nell’ambito di Progettoborca grazie alla residenza all’interno delle strutture del Villaggio e alla collaborazione alle varie attività svolte – parte dall’analisi dei testi e dei documenti di e su Gellner e ne restituisce uno sguardo plurimodale: teorico nella trattazione principale, fotografico nella narrazione per immagini della seconda parte e pratico per quanto riguarda l’appendice relativa al rilievo della Capanna prototipo.
Di seguito una breve presentazione:
Il mio lavoro indaga il Villaggio Eni di Borca di Cadore di Edoardo Gellner proponendosi di esplorarne gli aspetti meno noti.
Corte di Cadore, nome con cui venne chiamata la nuova frazione in Comune di Borca, si presenta come un articolato insediamento completamente sommerso nel fitto del bosco, tant’è che dal fondovalle è quasi impossibile percepirne la presenza.
Il Villaggio e il suo architetto hanno goduto di una notevole fortuna critica durante il periodo di costruzione ma, con il passare degli anni, sono stati progressivamente dimenticati ed è probabile che questa condizione di oblio sia in parte dovuta proprio al suo essere nascosto alla vista.
Tuttavia, gli edifici che compongono il Villaggio e che appaiono oggi quasi degli elementi alieni nel bel mezzo della vegetazione sono in realtà sorti su un terreno che cinquant’anni fa si presentava come un’arida pietraia, puntellata al massimo da qualche rado esemplare di pino silvestre.
È stata la mano dell’architetto che, grazie ad alcuni accorgimenti e a una certa dose di fortuna, ha contribuito a un radicale mutamento del microclima del sito e alla nascita del bosco, il tutto – secondo le parole dello stesso Gellner – senza piantare un solo albero e nel pieno rispetto dell’intento iniziale di realizzare un luogo per le vacanze riparato e immerso nella natura.
A Corte, ogni cosa è stata creata in pochi anni dando vita a un esempio concreto di ciò che viene definito ‘progettazione integrale’ che va dalla macroscala paesaggistica al dettaglio degli arredi e delle soluzioni tecnologiche.
L’insieme di questi aspetti mi ha spinto a concentrami, anziché nella descrizione delle architetture del Villaggio di cui sappiamo già molto, nell’analisi dei vari ‘contesti’ che ne sono alla base.
Ho cercato di ricostruire le dinamiche e la pluralità di situazioni che hanno plasmato il Villaggio Eni, mettendole in relazione fra di loro per ottenere uno strumento utile ad avere una visione il più possibile completa e corale dell’opera.
Durante la mia ricerca mi sono servito di numerosi documenti, testi di Edoardo Gellner o su di lui, appunti per conferenze, tesi di laurea, ecc.
Inoltre, per poter offrire una lettura approfondita e comparata, ho affiancato allo studio un periodo di residenza nelle strutture del Villaggio e la collaborazione a Progettoborca che mi ha dato modo di partecipare alle attività e agli workshop che si sono tenuti durante l’estate e, soprattutto, mi ha permesso di vivere e toccare con mano quanto stavo contemporaneamente apprendendo dai testi.
In Progettoborca ho iniziato a occuparmi di diversi ambiti, in primis il rilievo della Capanna prototipo per il campeggio a tende fisse: su incarico della Provincia e della Soprintendenza ho svolto un piccolo esercizio di rilievo finalizzato a indagare le condizioni di conservazione del bene – che versava in uno stato di avanzato degrado e pericolo trovandosi in prossimità dell’alveo di frana – in modo da capire se fosse possibile smontarlo, recuperarlo e spostarlo in una posizione più sicura.
Il ricollocamento è effettivamente avvenuto nell’estate 2017 – sempre nell’ambito di Progettoborca – e una versione sintetica dei materiali prodotti durante la campagna di rilievo è allegata come appendice in coda al testo.
In secondo luogo ho realizzato una raccolta fotografica, contenuta nella seconda parte della tesi, che documenta lo stato attuale in cui si trovano le architetture del Villaggio e il loro rapporto con il bosco.
Le foto sono state scattate prevalentemente durante l’estate e l’inizio dell’autunno 2016 e, nel tentativo di ricreare un viaggio ideale attraverso il bosco e le sue architetture, ho privilegiato sequenze di immagini a tutto campo che raccontato un percorso fatto di avvicinamenti o allontanamenti e che, solo in alcuni casi particolari – come per le ville – ho ritenuto utile raggruppare in base a dei temi.
Il saggio fotografico rappresenta il mio modo di descrivere gli elementi del Villaggio, facendo emergere spontaneamente quel tessuto di relazioni affrontato per iscritto nel primo volume.
Uno degli aspetti che ritengo essere fra i più interessanti di questo lavoro è dato proprio dalla frammentarietà dei punti di vista, spesso vincolati dalla fitta vegetazione, che rispecchiano in pieno lo stretto legame fra architettura e natura che è alla base dell’intero sito.
Infatti, se a un primo sguardo queste architetture si trovano immerse in un ambiente naturale rigoglioso e apparentemente radicato, addirittura così selvaggio da rappresentare, in alcuni casi, un pericolo alla salubrità e alla leggibilità del complesso, il loro rapporto è in realtà sostanzialmente simbiotico: si potrebbe quasi affermare che il bosco oggi non ci sarebbe senza l’architettura.
Corte di Cadore rappresenta quindi un caso studio eccezionale sia sotto il profilo paesaggistico che economico e culturale; ed è doveroso porre l’attenzione sul fatto che non si può pensare di capire né Gellner né il Villaggio soffermandosi su uno soltanto di questi aspetti: non sono state le singole risposte alle questioni ambientali o sociali a dar vita a questo insediamento, tantomeno l’architettura in senso stretto o l’interesse dell’architetto per la tradizione vernacolare alpina, perché è proprio il profondo legame che si è instaurato, fin dal primo momento, fra tutti questi vari ‘contesti’ a fornire la chiave di lettura per comprendere uno dei più importanti episodi dell’architettura italiana del dopoguerra.
In questo, la mia tesi, senza la pretesa di essere esaustiva, rappresenta un primo avvicinamento a questi temi e quello che mi è evidente dopo oltre un anno di ricerche è quanto ancora si possa fare per aumentare il livello di conoscenza di quest’opera e del suo architetto.
Nicola Noro