Il talk green è una delle mille frecce di roccia scoccate nel Corso dell’Openstudio Olimpico di Progettoborca, che si è svolto nella Colonia gloriosa dal 29 al 31 ottobre 2021, la Colonia che fu gloriosa e della quale gli uomini quasi tutti poi si sono colpevolmente ignominiosamante scordati (che cialtroni), gli uomini e le Istituzioni, che per tale grave colpa ed anzi dolo, van messi minuscoli sempre: istituzioni. Dato che qua non hanno istutuito alcunchè, mai, e allora dove sono la sensibilità e la responsabilità e la buona governance dei territori, precisamente? Dove? Mentre noi sì, noi istituiamo imprese costruttive: sveglia.
Nel corso del quale talk, aperto agli artisti ed altri animali intelligenti, si è parlato e intavolato, e perfino senza dire troppe idiozie, su arte e natura, che erano per l’appunto due dei temi frontati. Su arte e natura ed ecologia e resilienza se ne sentono decisamente troppe, di idiozie, abitualmente, e tutte queste parole corsive sono corrose estenuate sconciate e oramai quasi completamente deprivate e infertili cosicchè paiono appartenere esse ad uno slang opportuno: mentre invece vanno brandite ferocemente, ed al limite è meglio dar fuoco al bosco piuttosto che incartarlo nella banalità naturolistica, ma insomma queste tardive processioni steineriane e i nuovi coltivatori e nuovi montanari etcetera: quante stronzate ribadite travestite e fiacche, Mio Dio (il tuo è diverso).
Il talk non è stato vuoto, ecco, alcuni indossavano le tute storiche dei saltatori del Trampolino di Zuel, che ci donò Gianni (?). Poi siamo andati via caprioleggiando, che la Colonia ribolliva e brulicava tutta, e occorreva muoversi, che parlare è fare, e star là seduti a lungo non serviva, mica è obbligatorio, va bene anche il talk caprioleggiante.
L’opera green, di Giacomo Segantin, campeggiava sul muro di sasso di Gellner in Casabellissima, che ci ospitava. Uno dei temi era: quale e quanto scempio sa compiere l’uomo empio, in natura, come nella cultura.
Il rosso dice d’allarme: senza abbeverarvisi.
green è stata realizzata dall’artista in occasione del festival TERRA TERRA, insieme con l’Associazione Culturale la Vespa.
Si tratta di un d’après del lavoro “rosso” di Berth Theis del 1994.
Foto: Giacomo De Donà