È con Borca di Cadore alle spalle che da subito ho ripensato quegli spazi vuoti della colonia come l’inevitabile risultato di un processo di trasformazione compiuto, un’esuvia schiusa al suolo a testimoniare l’avvenuto passaggio all’età adulta. Riguardando le architetture di Gellner mi sono ricordato di come, all’interno dell’edificio, mi sentissi confortato dallo studio di volumi così particolari e ostili, la funzione aggregatrice delle forme è ancora attiva e le architetture restano autoritarie e decisive. Ciò nonostante l’edificio pare sospeso nella storia. Credo che la riattivazione di questo corpo critico incastrato nella montagna passi attraverso una riflessione sulle prime impressioni percepite, attraverso il recupero di quelle sensazioni senza mediazioni che provoca l’accedere ad un territorio nuovo e diverso. È in questa fase di intensificazione percettiva che lo spazio assume un senso. Percepire il divenire e predisporsi all’ascolto, con l’intenzione di depositare una testimonianza e non di dare informazioni.
Fabio Roncato