La prima cosa che vedo, che vuole forse essere vista per prima, entrando nell’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore, è la facciata dell’Aula Magna.
Al suo interno sembra di essere nella sala di controllo di un’ astronave, atterrata sulle pendici del Monte Antelao dispiegando le sue lunghe braccia sul terreno roccioso, rendendo le salite da erte a lievi, le superfici da ruvide a levigate.
Abbandonata dal suo equipaggio, ora ne ha uno nuovo. Un equipaggio multiforme e mutevole che non si impossessa degli spazi ma vi cerca relazioni.
Qui ora c’è un momento di inclusione tra interno ed esterno, tra uomo e selvatico.
La colonia non è più solo dell’uomo ma anche della montagna e del bosco che, non ostacolato, si avvicina senza paura alle architetture.
Così una nicchia in una parete può diventare la tana di una martora e una finestra trappola per un pettirosso.
Io che cerco sempre il selvatico e schivo l’uomo, in questo luogo dai confini irregolari, non riesco più a farlo.
Forse è l’occasione per spostare il mio sguardo in una direzione non contemplata.