Vedere Oltre
Rete paramassi, rete metallica, vetri, lenti. cm. 460x155x2, alloggi ex religiose, Colonia di Corte, 2019.
Questo lavoro costituisce una nuova fase, l’ennesima, del processo di rigenerazione e di cura che Marta Allegri ha avviato negli ambienti degli ex alloggi delle raligiose alla Colonia di Corte nel 2015.
Fino al 1991, la Colonia ospitò, per le vacanze estive gratuite, i figli dei dipendenti di ENI, seicento bambini alla volta, con turni di permanenza di due settimane.
Edoardo Gellner è l’architetto che realizzò questa costruzione forte, che resiste, inserita in un ambito di paesaggio di poco pregio, l’area ghiaiosa ai piedi della parete sud del Monte Antelao, accanto ad un conoide detritico (la Ruina di Cancia).
Egli trasformò in realtà compiuta il visionario progetto di welfare di Enrico Mattei e costruì, tra il 1955 ed il 1958, la gigantesca Colonia (oltre 20.000 metri quadri), che è una delle strutture che compongono l’ex Villaggio Eni di Corte.
L’intervento si dimostrò straordinario, oltrechè per la qualità dell’architettura, anche sul piano ambientale: l’attacco a terra del Villaggio fu realizzato in modo tale da consentire al bosco di svilupparsi, integrandosi perfettamante ai corpi edilizi.
Inagibile dal 1991, la Colonia è dal 2014 al centro di un programma di rigenerazione voluto dalla proprietà (la Società Minoter) e condotto da Dolomiti Contemporanee, insieme al Comune di Borca di Cadore e alla rete dei partner DC.
Il lavoro si origina dalla sala maggiore delle religiose, che, con ampie vetrate a tutt’altezza, prospetta su un boschetto interno all’area della Colonia, la cui architettura organica, costituita da un insieme di padiglioni e rape coperte, è letteralmente immersa nella natura, con abeti rossi, pini e larici d’alto fusto, alcuni cresciuti per oltre cinquant’anni, a ridosso degli edifici.
Nonostante questo bosco sia oggi, a seguito di Tempesta Vaia, molto meno fitto di prima (Vaia ha schiantato diverse migliaia di alberi nel Villaggio), il rapporto tra architettura, paesaggio e bosco qui rimane potente e diretto: dalle vetrate delle religiose, guardare è immergersi nel verde intenso.
La parte superiore delle quattro vetrate che compongono l’infisso centrale, ospitano dunque il nuovo lavoro, che crea un diaframma ulteriore tra esterno ed interno, mediando, modificando, attrezzando la visione.
Lo sviluppo complessivo della superficie vetrata su cui Allegri ha agito, è di oltre quattro metri emmezzo.
Una cortina è stata composta, utilizzando pezzi di scarto di una rete paramassi, e realizzando con essa un’intelaiatura che sostiene frammenti di vetri raccolti a terra attorno alla Colonia, insieme a lenti da vista.
Ma questo filtro non è stato installato, in prima battuta, a Borca. Una volta costruito, esso, a giugno 2018, è stato installato a parete, al Macro Asilo di Roma (vedi foto ultima gallery).
Solo in seguito, ad agosto, l’artista ha ricomposto l’installazione a Borca, accomodandola finalmante sulla vetrata generatrice, che le avava dato forma e misura.
Nello spostamento dal muro del museo alla vetrata del salone, il vetro perde la sua qualità riflettente per tornare ad essere trasparente. il disegno appena accennato diventa invisibile.
Alcune lenti inserite nella trama, invece, invitano i visitatori della Colonia ad avvicinarsi ed allontanarsi dalla vetrata per trovare il giusto punto di messa a fuoco tra il bosco e la montagna.
La relazione tra gli elementi dell’architettura, della natura, e del progetto sociale, della Colonia e del Museo, mirano ad amplificare l’azione del Vedere.
Foto: Giacomo De Donà, Nicola Noro, Giovanni De Angelis