Due grandi busti di Fabiano De Martin Topranin campeggiano all’interno dell’enorme edificio-città-dedalo della Colonia. Le potenti solitudini in tensione immobile dei due individui liberano un’eco per gli spazi vasti, che sembrano rispondere al richiamo fortesilente.
Nel salone dell’ex refettorio è piantato Imaginary Friend. La psicologia introversa dell’adolescente ricorda i soggetti di back to the forest series.
In Imagined trip, un altro giovane, fisicamente imprigionato nel proprio composto sudario, ieratico, irradia un’onda onirica, che si trasmette alla struttura, ripercuotendone l’energia.
Guardatevi questo (che diamine c’entra? Su, fai no sforzetto).
Altro richiamo dunque, un canto sommesso se volete socchiudere gli occhi e fare i poeti dicendovi sensibili, ma anche un ritmo duro della vibrazione psichica, sottolineato.
Il cromatismo acceso della scultura dialoga con i colori di Gellner sulle pareti della rampa, e questa è un’ovvietà, come quasi tutto quel che nutre l’occhio, che è pigro in particolare sui dieci decimi.
In generale, questi ragazzi son schivi e stanno meglio da soli che quando vien gente.
Ma siccome portiamo gente brava e attenta ed educata e accesa, tutto sommato tollerano il viavai: perchè quello loro non è broncio imberbe, nè maschera, nè postura di malumore, ma invece tensione di corpo e psiche, e severità critica scossa in reazione.
In virtù di questo assetto, sanno leggere le imprese costruttive, e le auspicherebbero perfino (auspicio con l’ascia).
Ma non parlano, perchè ci sono, attendono, ascoltano.
Imaginary Friend
pioppo, 160x90x70 cm, 2014
Colonia, Refettorio
Imagined trip
cedro, acrilico, 130x50x45 cm, 2014
Colonia, corridoio