Il titolo allude alla fornace e all’essiccazione. L’intero ciclo è composto da decine di acquarelli, un caleidoscopio umano, un blob pittorico con tutto il rallentamento dello sguardo che la pittura impone. Una sorta di fermo immagine collettivo e sincronico, dentro al quale il gioco più facile è quello di rincorrere nella memoria le immagini generative dei singoli lavori. Ma che al di là del singolo pezzo, è in realtà un montaggio meditato, che fa da riflesso a uno spaccato sociale crudo. Il ciclo propone una lettura in continuum dell’opera generata da uno streaming melmoso privo di sequenze temporali o tematiche. La scelta dell’acquarello per tradurre l’oscuro magma di immagini quotidiane da cui siamo bombardati non è un caso. Il contrasto tra l’oscura angoscia causata dal caotico ingorgo di visioni indotte e la leggerezza dell’acquarello è cercato e voluto per ottenere un effetto di traduzione immediata di ciò che ci appare desolatamente privo di senso. Lo sguardo bulimico viene fermato sulla cronaca e forse sulla storia a cui appartengono i personaggi turbinanti in questo mealstrom. Sociologia pittorica? No, la scansione di queste carte segue una logica estetica. Non c’è né prima né dopo, né qui né la, ed è proprio questa dimensione priva di coordinate temporali che tramuta il blob fangoso in acquarello – ruscello.
L’installazione trova posto in uno dei dormitori della Colonia dell’ex Villaggio Eni, e viene completata da due quadri di medio formato su soggetto eniano (In questo buio avido e Metanotte).
Gianni De Val, Kiln Dried Cycle,
160 acquerelli, dimensioni ambientali, 2008/2016
Colonia, Padiglione F
Gianni De Val, In questo buio avido,
tecnica mista su carta applicata su tavola, 75×60 cm, 2008
Colonia, Padiglione F (Immagine 1)
Gianni De Val, Metanotte,
olio su tela, 140×125 cm, 2008
Colonia, Padiglione F (Immagine 2)