Venerdì 6 febbraio 2015, finalmente, la neve è arrivata a Borca, ed era ora.
La neve crea una maledetta magia: è talmente forte, nel suo candore persistente, che alle volte, per qualcuno (kai), sembra generare immagini retoriche.
La neve ammanta ogni cosa, ne esce un natale.
Giusto?
Ma va là, sbagliato: paranoie dickensiane.
(un po’ come certi curatori o artisti efebici, che temono, per viltà, la forza della specificità, e vorrebbero far sempre cose eteree e leggere e trasparenti: gli piovesse dell’aria, fuor dal cranio).
La neve è maravigliosa perchè cade lenta e leggera, ma si accumula, pesantemente e pericolosamente.
La neve è kitsch per chi non sa cosa sia la montagna, forse, e guarda le immagini alla televisione, perdinci.
La neve è pesante e pericolosa, abbiamo detto: come la montagna, ancora: ecco perchè le immagini bianche alle volte possono risultare, a loro volta, troppo cariche, nauseanti.
Ma, ripetiamo, questo accade a chi non ci sa star sotto, eppur dorme, e mai sta sopra.
La notte del 6, mentre precipitava, ossessiva, e la mattina del 7, mentre splendeva, e poi quasi subito trasformava e stillava, Giacomo De Donà e Sergio Casagrande hanno ritratto il benedetto Villaggio, ammantato, schiacciato, silenzioso, fatto pesante, sprofondato.
Qui di seguito, i loro scatti.
Intanto, nella Colonia, camminavamo, lavoravamo: toglievamo migliaia di ragnatele dalle migliaia di vetri: non tutte, e senza farli lustri.
Foto: Giacomo De Donà