Il Gatto Selvatico

Nel 1955 Enrico Mattei avverte in modo forte l’esigenza di uno strumento di comunicazione interno all’azienda e dopo essersi consultato con il responsabile dell’Ufficio rapporti con la stampa dell’Eni, Tito De Stefano, decide di affidare la redazione di un periodico aziendale al poeta Attilio Bertolucci, amico di scuola di De Stefano.

“Il Gatto Selvatico”, secondo Enrico Mattei, doveva essere “un punto di incontro per tutti coloro che fanno parte della grande famiglia del gruppo Eni”.
Le pubblicazioni de “Il gatto selvatico” si sono susseguite dal 1955 al 1963.

 

 

Il poeta (Bertolucci) ricorda l’incontro con Mattei in via del Tritone, alla sede dell’Agip, in cui portò la copia di una rivista di una compagnia petrolifera come esempio da non imitare, perché era «una rivista molto elegante con tre o quattro pezzi in tutto che parlavano di tutto fuor che di petrolio, valida per le pubbliche relazioni oppure da portare in salotto, destinata alla gente esterna al gruppo». Mattei, avendo le idee ben chiare, precisò che avrebbe voluto un giornale «leggibile» dal Presidente della Repubblica al più lontano dei perforatori dell’Eni, quindi un moderno «rotocalco» e non in carta patinata. Nel momento in cui si passò alla scelta del titolo, fu lo stesso Bertolucci a suggerire “wildcat” spiegando che il termine era riferito, nel gergo petrolifero, ai perforatori, ai ricercatori di petrolio, wildcatters appunto «erano delle persone avventurose, qualche volta anche un po’ avventurieri», e Mattei gli rispose: «Non mi dispiacerebbe neanche di fare l’avventuriero, ma per lo Stato […] Va bene […] Una parte della rivista deve sempre essere dedicata ai fatti aziendali. Anche la copertina, a colori, deve riguardare sempre l’Eni». Bertolucci si mette subito al lavoro per impostare il giornale, con la collaborazione di De Stefano: una parte dedicata alle attività dell’ente, sia le ricerche petrolifere che le «più minute notizie aziendali»; una parte dedicata alla divulgazione culturale fatta in modo che il giornale possa «risultare piacevole e istruttivo»; una parte dedicata al “costume”; diverse rubriche; la vignetta di Mino Maccari (autore anche dei caratteri tipografici del titolo). La copertina con una foto riguardante l’Eni – solo poche volte non sarà così – e l’ultima pagina, di cui Mattei gli aveva detto di farne l’uso che voleva, Bertolucci la usa per spiegare in modo “leggero” la storia dell’arte. Vengono inventati concorsi, si invitano i lettori a inviare poesie, disegni, in modo da stabilire un rapporto diretto con i dipendenti dell’azienda. Il saluto iniziale sarà il solo scritto del presidente sul mensile, mentre il direttore ne farà nel tempo una rivista di un certo spessore culturale, anche se Bertolucci invita i lettori a considerare il “Gatto” non una rivista qualsiasi «ma come un familiare». Collaboreranno alla rivista molti scrittori e poeti noti, ma anche tanti giovani promettenti, che saranno inviati sui luoghi di lavoro, sull’esempio di quanto avveniva in Civiltà delle Macchine che inaugura il dialogo tra la cultura umanistica e quella scientifica. Bertolucci dirigerà il periodico fino al settembre del 1963, quando sarà sostituito da Franco Briatico, ma i suoi articoli sull’arte usciranno ancora nei due anni successivi con l’ultima rubrica dedicata al «paesaggio dei moderni». Ormai la rivista si avviava alla chiusura, che avvenne nei primi mesi del 1965. Dopo la morte di Mattei gli editoriali del direttore saranno più brevi e dal tono più dimesso. Al momento dell’uscita de “Il Gatto Selvatico” la redazione è composta dal Direttore Attilio Bertolucci, da Sergio Levi come Redattore capo, prestato dall’Ufficio pubblicità dell’Eni e a mezzo servizio in entrambe le strutture, da Paini con la funzione di “redattore per la sezione aziendale” e da Gianni Baldi (che nel 1962 sarà responsabile del rotocalco de Il Giorno) come impaginatore. Il primo numero de “Il Gatto Selvatico” esce nel luglio del 1955 con venti pagine, comprese le quattro della copertina che viene stampata a colori, in grande formato (cm 25×31) e con molte fotografie, sulla scia del fenomeno dei settimanali, tipo «Domenica del Corriere», «Oggi», «Epoca», che dal 1950 in poi conoscono un vero boom di vendite. Dopo i primi tre numeri a venti pagine si passa a ventiquattro pagine che resteranno tali anche nel 1956, tranne che per i numeri doppi, quello estivo (luglio e agosto) e quello natalizio (novembre e dicembre) che saranno a 32 pagine. Già dal primo anno si pubblicheranno a colori alcune pagine interne. Anche l’annata del 1957 viene stampata a ventiquattro pagine, tranne i numeri di marzo e settembre che ne hanno 28 e di dicembre con 36 pagine. Dagli editoriali e dall’impostazione della rivista si comprende che «l’operazione culturale di Bertolucci nell’uso di materiali artistici e letterari muove da una finalità didattica: il lettore, mai prevaricato, è piuttosto guidato con discrezione, ma anche con audacia, ad accostarsi ad esperienze letterarie “valide per tutti”». A tali intenzioni rispondono gli inviti a collaborare a poeti e scrittori illustri come Giorgio Caproni (che sul primo numero firma il racconto La tromba del silenzio), Alfonso Gatto, Filiberto Menna, Carlo Cassola, Carlo Emilio Gadda, Leonardo Sciascia, Raffaele La Capria, Enzo Siciliano e tanti altri, chiamati a trattare temi di letteratura italiana e straniera, anche contemporanea.

Qui una selezione di immagini d’epoca, realizzate tra gli anni ’50 e ’70, sul Villaggio Eni di Borca di Cadore.

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