Il 2019 è stato il primo anno per me qui a Borca e qui nell’Ex-Villaggio Eni.
Da quel momento non vi ho fatto più ritorno per tanti motivi che poi sono gli stessi che mi hanno riportato qui, oggi.
Ottobre 2021.
Ispeziono nuovamente i luoghi che sin dall’inizio mi avevano misteriosamente attratta, tra questi la Ruina di Cancia.
Mentre cammino per raggiungere la postazione di monitoraggio della Protezione Civile, mi accorgo di come sia ben visibile, soprattutto nel rapporto con gli edifici, questo processo circolare espansivo da parte della natura.
“Gellner lo sapeva” ripeto nella mia testa, mentre continuo a salire verso la destinazione.
Tiro fuori dalla borsa un taccuino cercando di appuntarmi delle parole chiave e leggo un’annotazione non datata:
“To Me All Is Ruin” (Per me tutto è rovina / Davanti a me tutto è in rovina).
Leggo questa frase, molto probabilmente non mia, ed a fianco una frase estratta da un testo di Robert Smithson: “Invece di ricordarci il passato, i nuovi monumenti sembrano farci dimenticare il futuro[…]”.
Torno ad osservare quello che mi circonda con questa frase in mente e mi rendo conto che sino a quel momento non ero mai riuscita a staccarmi da quell’ingenuo sentimentalismo storico che mi portava a rivivere la Colonia come se io stessa in primis l’avessi vissuta nella sua piena attività.
Solo ora mi accorgo che in realtà sono un’estranea.
Decido di conseguenza di estraniami e di ri-osservare oggettivamente e realmente il paesaggio e di viverlo secondo una concezione lineare ed orizzontale, in qualche misura analoga, diciamo, all’approccio di Gellner nella progettazione della Colonia.
Camminando all’interno degli edifici di Corte mi sono sentita come se stessi camminando all’interno di una Ruina.
Il lasso di tempo tra la prima visita e la seconda mi garantisce una mutazione del paesaggio, dello sguardo, del significato, e dunque mi aiuta in questo procedimento di estraniazione.
Lontano dalle utopie che questo luogo rappresentava, lontano dal suo architetto Gellner, soltanto stando qui, a metà strada tra cultura e natura, rifletto ancora una volta su questa congiunzione tra evoluzione geologica ed evoluzione antropica.
Ancora:
“To me all is ruin” (Davanti a me tutto è in rovina).
“Invece di ricordarci il passato, i nuovi monumenti sembrano farci dimenticare il futuro[…]”.
Nel mentre di questi pensieri procedo tra i corridoi, le rampe, i dormitori, le sale, sino a giungere all’aula magna.
Vedo un tavolo da ping pong che nel 2019 non c’era.
Gioco diverse partite contro Furio.
Durante uno scambio interminabile, complice anche il suono della pallina che avanza con una certa tensione, mi alieno nuovamente: con il nostro operare ci poniamo nell’intermezzo temporale tra la rovina ed il monumento nazionale? O stiamo già lavorando all’interno di un monumento o di una rovina?
Sui segni andati.
Nel 2019, per comprender meglio la Ruina di Cancia, decido di affidarmi al corpo della Protezione Civile che, alternandosi di settimana in settimana, in gruppi di varia provenienza, monitora il suo andamento tra la primavera e l’estate, quando l’Antelao scarica maggiormente e il timore di una frana è più elevato. Giunta alla loro postazione, ai bordi della Ruina, poco sopra le ville 100, vengo subito attratta da una serie di incisioni e segni su pietra, incisi sui grandi sassi che, a bordo sentiero (CAI 232), salgono al Bus del Diaol. sono i contrassegni dei vari gruppi veneti della Protezione Civile appunto, avvicendatisi negli anni. La loro presenza è così segnata, e decisamente marcata.
A distanza di due anni, tornata alla postazione di monitoraggio, non trovo nessuno, ma registro diversi cambiamenti. All’interno del conoide detritico è stata ultimata la costruzione della nuova diga di contenimento. I loghi che avevo lasciato nel 2019 sono stati abrasi, cancellati.
L’accostamento fotografico del prima e dopo, mi permette di riflettere sullo spostamento. Inevitabile non pensare alle Grotte di Lascaux, agli insediamenti umani e ai segni lasciati, per testimoniare al prossimo una propria esistenza. Nei giorni a seguire cerco di comprendere le motivazioni di quel gesto intenzionato a far perdere le proprie tracce. Al momento le risposte rimangono in sospeso.
Benedetta Fioravanti, ottobre 2021