L’idea è quella di realizzare un enorme disegno a carboncino e grafite sul pavimento di uno dei saloni del Villaggio.
Il disegno, fissato solo parzialmente, deve essere qualcosa di mimetico, un intervento non subito leggibile: una miriade di piccole figure tracciate sulla trama originale della pavimentazione del salone che svanirà progressivamente al passaggio dei nuovi “abitatori” del villaggio. Le sagome, tanti, tantissimi bimbi in caduta, richiamano la funzione originaria di quel luogo (in chiave simbolica e in armonia con la mia poetica) e sfruttano le fortissime suggestioni che quel luogo stesso mi ha dato.
L’immagine, la traccia presente delle vite che hanno abitato il Villaggio, ricorrevano in modo ossessivo nei miei pensieri durante e dopo la visita. L’ossessione è determinante per capire quanto un progetto, un’idea abbia attecchito nel profondo. Da un lato, nella progettazione architettonica l’attenzione reiterata alla funzione vera e propria del luogo, ossia ospitare dei bambini in vacanza (i phon regolabili ad altezze diverse di bimbo, i lettini in piccole cuccette, le lampade azzurre a forma di “fungo” nel giardino, la struttura di collegamento degli spazi labirintica eppure intuitiva al tempo stesso,…), dall’altro la forte traccia di vissuto che le stanze, seppur disabitate, emanano, hanno suscitato in me idee e pensieri attinenti alla mia ricerca, incentrata infatti sulla tematica dell’infanzia, dell’identità, e sulla rappresentazione di luoghi e visioni in chiave onirica.
Elisa Bertaglia