Prologo
Simone Cametti è giunto all’ex Villaggio Eni di Corte di Cadore a febbraio 2015, a conoscere ed esplorare il Villaggio e la sua Colonia, una delle strutture del complesso, oggi trasformata in un grande cantiere artistico e culturale. Da subito, la pratica del far arte si è venuta intimamente connettendo con quella dello stare al mondo, come abituale per l’artista, e Cametti ha coinvolto la propria famiglia nel progetto. Gli ex uffici dirigenti, uno dei padiglioni parte dell’enorme Colonia, inutilizzati dal 1991, hanno così preso a trasformarsi. Scomparsi i raccoglitori e i documenti, sono arrivati i mobili e gli arredi preziosi di Gellner, gli elettrodomestici della Colonia, prodotti da molte importanti aziende d’allora (Fantoni, Lanerossi, Flos, Ginori, Pirelli). Lo spazio di lavoro abbandonato, ristrutturato e dotato di utenze e servizi dall’artista stesso, è dunque diventato ambiente domestico, oggi composto da salotto, cucina, tre camere, bagno, terrazza, frigo e televisione.
Ogni estate, la famiglia Cametti parte da Roma e raggiunge Simone in Casa Cametti. Il ritmo, nella casa, è quello ordinario della vita di un gruppo familiare alla villeggiatura in montagna. Mentre Simone compie ricerche in Colonia, e lavora (muratore, elettricista, idraulico, cuoco, cogitatore) alla casa, i figli giocano.
Durante gli Open-studio, il pubblico invade la casa, senza turbarne l’intimità. Casa Cametti non è un set: è un cantiere della produzione autosufficiente, governato da un’idea vitale e rigenerativa, testarda e quieta. È, come Progettoborca, che la contiene, una sorta di responsabile e autarchica ribellione ai destini d’inerzia e alle pigrizie commemorative (non esporre, non contemplare: avvita). È uno spazio occupato, abitato e aperto alle persone aperte, nel quale l’artista si sa far lo scarico. La pratica quotidiana di vita, coincide qui con quella artistica, abbiamo detto. Artista ripara la stufa. La stufa scalda i suoi bimbi. Però Simone documenta ogni cosa. La vita di tutti i giorni rifluisce anche qui. La vita della montagna, con l’aria sottile, e la pratica densa, di Casa Cametti, dove i confini pretenziosi e opachi tra gli àmbiti detti (arte, lavoro, vita, impegno, vacanza) si spezzano, e la vita scorre in un flusso. Come l’acqua, nello scarico del cesso (funzionalità meccanica, mica nichilismo).
Come ogni anno, a fine della sua residenza, Simone organizza uno studio-visit prandiale in Casa Cametti.
Da sempre, il cibo ha ricoperto un ruolo molto importante nelle opere d’arte di tutte le epoche. Mangiare è un atto indispensabile. Mangiamo per nutrirci, ma anche per stare insieme, per interagire con chi ci sta accanto, innescando un legame profondo con l’ambiente circostante.
Azione
Ora, nell’ambito dell’Open-studio di finestagione di Progettoborca (in curvatura), per l’ennesima volta Simone torna a Borcia.
Sabato 20 ottobre 2018, nella palazzina (apparentemente) addomesticata, si svolgerà dunque un nuovo Pranzo in Casa Cametti.
I commensali invitati sono artisti, curatori, galleristi, collezionisti, architetti, ospiti provenienti dal mondo dell’arte contemporanea, del lavoro e dal territorio. E il concetto centrale consiste proprio nel voler raggruppare persone dalla formazione diversa, inserendole nel contesto neo-casalingo, dove, a questo punto giunti, la cosa interessante è la riflessione sulla trasformazione di ogni cosa.
La trasformazione della casa costruita all’interno della Colonia di Enrico Mattei/Edoardo Gellner, come anche la trasformazione dello stesso Studio-visit, che può tranquillamente compiersi durante il pranzo, e dove non si sa più se i discorsi più importanti siano inerenti all’arte o a come si fa l’amatriciana.
—
Menu pranzo Casa Cametti 20 ottobre:
Mortadella di Campotosto
Cremini
Olive all’ascolana
Zuppa di ceci neri
Polenta di mais sponcio con roveja
Montepulciano d’Abruzzo
Rosso Piceno Superiore
Vino cotto
—
Qui il website di Simone Cametti